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Come è nato il CANYONING? Quali sono le origini del RAFTING?…e dell’HYDROSPEED?

CANYONING

Uno sport che nasce grazie al grande speleologo francese Alfred Martel nel 1905, e che si è evoluto e definito in un secolo di avventurosi tentativi di acrobatismo all’acqua bianca.

L’attività definita “canyoning” o “torrentismo” racchiude in sé esperienza fluviale, trekking montano e calate effettuate con tecniche speleologiche.
Il canyoning ha acquisito i progressi conquistati dalle discipline sportive di fiume e di montagna che l’hanno ispirato, fino alla forma odierna. È uno sport che viene effettuato nella sicurezza dei modernissimi materiali in uso, senza nulla togliere all’emozione che è in grado di dare a chi la pratica.

EQUIPAGGIAMENTO

Assistiti dalle nostre Guide più esperte, vestiti con mute integrali di neoprene da 6 mm ed equipaggiati di caschi, giubbotti di galleggiamento e imbrachi di sicurezza (attrezzatura compresa nel prezzo dell’escursione), farete l’esperienza che non dimenticherete.

L’ESPLORAZIONE CANYONING

L’esplorazione fluviale più completa: il nuoto in acque cristalline, scivolando nei toboga (levigatissimi scivoli naturali) che si tuffano in laghi incantati, le calate lungo pareti di roccia verticali e circondati solo dal rumore della cascata, in un ambiente fatto di gole, dirupi, acqua incontaminata.

ESCURSIONI in torrenti cristallini da navigare a nuoto, affrontando levigatissimi scivoli naturali che si tuffano in laghetti incantati e pieni di pesci…
CAMMINATE nelle gole spettacolari accanto al torrente che si tramuta in cascata tumultuosa…
CALATE CON LA CORDA, assicurati da imbrachi, per superare i passi più impegnativi…
TUFFI nelle lame d’acqua più profonde…

RAFTING

Sembra che già le truppe di Alessandro il Macedone attraversassero le rapide del Gange con imbarcazioni pneumatiche fatte di pelli di mucca e di cavallo cucite, gonfiate e impermeabilizzate con grasso animale.

Il primo esempio di cui si ha traccia risale all’anno 880 a.C. ed è esposto al British Museum di Londra. Tuttora, in Pakistan, si usano per attraversare lo Shigar, zattere sostenute con ventri di capra gonfiati.

UN PO’ DI STORIA

All’incirca a metà dell’Ottocento una famosa compagnia nautica inglese progettò un battello pneumatico di gomma le cui prestazioni vennero sperimentate persino tra i ghiacci del Polo Nord. Nello stesso periodo, lo statunitense Peter Halked ideò un’imbarcazione costituita da una camera d’aria di cotone impregnato di caucciù, ricoperta da una tela di canapa. Per i decenni successivi, tanto negli Stati Uniti che in Europa, l’uso dei gommoni fu limitato al trasporto per scopi bellici.

Nel 1918, vennero usati dei natanti di tela di invenzione tedesca per lo sbarco in Libia; poi, nel 1922, la Floossboot di Berlino produsse grandi zattere pneumatiche che vennero utilizzate per il trasporto fluviale di carri armati. Gli armatori della maggior parte dei transatlantici optarono per il canotto pneumatico come dotazione di sicurezza a bordo solo nella seconda metà degli anni Cinquanta, dopo che il naufragio dell’Andrea Doria ebbe dimostrato la scarsa utilità delle lance nel trarre in salvo i naufraghi.

La compagnia Georgie White cominciò a proporre nel 1951 le prime discese fluviali turistiche del Colorado. Dal principio si trattò di un’iniziativa diretta a pochi avventurosi che desideravano sperimentare un viaggio di un paio di settimane lungo il Colorado, nello stile di vita dei pionieri, ma ben presto questi viaggi presero ad attrarre un numero sempre crescente di turisti. Visto l’enorme successo dell’iniziativa, la discesa fluviale cominciò ad essere praticata anche su altri fiumi. Ben presto i battelli vennero perfezionati, rendendo così possibile la navigazione di fiumi o torrenti di minor portata. Prendendo spunto dalla Georgie White, il rafting da impresa pionieristica, divenne un’attività turistica.

In Europa il rafting è stato introdotto nel 1982 dalla AN Rafting e dalla Compagnie de Rafting des Arcs, organizzazioni francesi tuttora tra le più importanti.

Nell’arco dell’ultimo decennio, in tutti i Paesi europei che offrono percorsi fluviali adatti a questa attività sono sorte organizzazioni e club per le discese organizzate che vedono un numero sempre crescente di partecipanti.

HYDROSPEED

L’hydrospeed si pratica su fiumi e torrenti è uno sport di facile apprendimento con la caratteristica unica rispetto ad altri sport fluviali, che è quella di essere completamente immersi nel fiume.

La prospettiva del fiume è del tutto insolita, perchè ci si trova con gli occhi quasi a pelo d’acqua, ma quello che più affascina è la sensazione che ci viene trasmessa dal movimento dell’acqua che scorre sul nostro corpo.

EQUIPAGGIAMENTO

I modelli del galleggiante sono diversi, i materiali usati sono il polietilene (in alcuni modelli riempiti con poliuretanico) e l’espanso compresso. Il volume varia da 50 a 80 litri, le impugnature in tubo di alluminio, sono collocate in un alloggiamento che protegge l’intero avambraccio e i gomiti, la propulsione viene data dalla pinneggiata.

UN PO’ DI STORIA

L’hydrospeed nasce in Francia verso la fine degli anni 50 dapprima come nuoto in acqua viva senza l’ausilio di alcun mezzo di galleggiamento. Alla fine degli anni 60 Louis Lourmais, nuotatore bretone discende per la prima volta il fiume Saint Laurent e il Fraser in Canada, fiumi molto tumultuosi e freddi, unicamente attrezzato di muta, pinne, maschera e boccaglio.

La svolta di questa disciplina si ha quando tre tecnici parigini addetti alla costruzione di ponti e strade sconvolgono la storia del nuoto in acqua viva con la nascita di un galleggiante. All’inizio un sacco postale di tela a protezione di una camera d’aria, assicura un punto d’appoggio e di sicurezza durante la discesa fluviale. Ad evitare spiacevoli e pericolose forature, questo primo e rudimentale mezzo di sostentamento è ben sostituito con un sacco in neoprene con chiusura stagna, riempito con materiale galleggiante.

I nuotatori cominciarono a ricercare nel mezzo su cui appoggiarsi non solo una tavola, ma un vero e proprio scudo dotato di un’elevata resistenza meccanica. Questo anche per difendere dai massi affioranti dall’acqua il busto, il bacino, le cosce, zone del corpo che si dimostravano più scoperte. Quest’ultima invenzione fu realizzata in realtà seguendo una tecnica usata allora in speleologia per il superamento di laghi sotterranei. Gli speleologi, infatti, riempivano alcune sacche stagne con il proprio materiale, il sacco una volta pieno d’aria e chiuso era utilizzato come punto d’appoggio per attraversare a nuoto i suddetti specchi d’acqua. In tutti i casi sempre di sacche si trattava, senza alcuna pretesa di maneggevolezza ed idrodinamicità del mezzo. Sono apparse quindi delle impugnature sul sacco e delle protezioni di plastica, infine si è pensato di rendere il tutto più idrodinamico.

Il primo prototipo di hydrospeed era costituito quindi da un sistema di galleggiamento realizzato da una camera d’aria chiusa da un carenaggio di fibra di vetro con delle impugnature e alloggiamento per il tronco. Nylon duro rinforza quindi la parte postero-inferiore del mezzo e mousse di poliuretano rinforzano e completano il mezzo. Gradualmente con gli anni va evolvendosi fino ad arrivare al monoblocco in schiuma o polietilene, come conosciamo attualmente. Claude Puch, Pierre Simon e Maurice Tiveron lavorano alla realizzazione del prototipo di un galleggiante più affidabile e confortevole di quelli utilizzati fino a quel momento.

Prodotto dalla Meritor e con il nome di “HYDROSPEED” nasce nel 1978 il primo e vero hydrobob nella storia del nuoto in acqua viva. Il prototipo così prodotto fu giudicato all’epoca molto interessante, tanto che, presentato al salone delle invenzioni e delle nuove tecniche di Ginevra, conquista la medaglia d’argento. Il nuoto in acqua viva comincia a diffondersi e a farsi conoscere grazie al lavoro instancabile dei primi appassionati ed alle grandi imprese di alcuni nuotatori.

Attualmente l’hydrospeed, che in gergo comune viene anche chiamato hydro o hydrobob è formato da uno scafo a forma di catamarano, da impugnature metalliche, da un bulbo frontale, da due galleggianti laterali che fungono da protettori del bacino, e un alloggiamento per i gomiti. Fino a qualche anno fa, all’interno dello scavo vi era la presenza di una mousse che senza aggravare notevolmente il peso, garantiva in caso di rottura, il galleggiamento del mezzo stesso.

Mediamente le misure del bob sono 95 cm di lunghezza, 65 cm di larghezza, 30 cm d’altezza con un peso variabile dagli 8/11 kg e una spinta di galleggiamento di circa 60 kg.

Nel 1995 sul fiume Vezere fa la comparsa il modello in espanso, che garantisce un peso nettamente inferiore con ovvi vantaggi di maneggevolezza a scapito però della stabilità. Inoltre, tale materiale dà la possibilità di realizzare degli scafi con forme e misure, che si adattano alle esigenze dei singoli praticanti, poiché il materiale utilizzato è facilmente modellabile e i nuotatori possono così realizzare da soli la costruzione del proprio galleggiante.

In Italia la comparsa dell’hydro è molto ritardata, verso l’inizio degli anni 90. L’Associazione Italiana Hydrospeed (A.I.HYDRO) è stata fondata il giorno 8 settembre 1991 costituita dalle società sportive, turistiche o naturalistiche,dalle associazioni collaterali, dai centri di nuoto in acqua viva, dalle scuole nonché dai singoli individui che, si dedicano alla pratica e alla disciplina del nuoto in acqua viva con l’hydrospeed. L’A.I.HYDRO fu fondata con lo scopo di promuovere propagandare ed organizzare in Italia la pratica della disciplina fluviale con hydrobob a livello promozionale turistico e agonistico.

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